Articolo su Avvenire
Ciao a tutti,
di recente l’Avvenire si è occupato della nostra associazione con un bell’articolo sul quotidiano.
Lo riportiamo per che se lo fosse perso.
L’ombra dell’anoressia «Perdevamo peso per vincere di più»
L’associazione V.I.T.A è nata nel 2007 per mettere in guardia l’atletica e il mondo dello sport dalla minaccia dell’anoressia.
Perdere peso per guadagnare secondi: ecco la pericolosa scorciatoia.Troppe si adeguano e poi ne pagano le conseguenze. Il blog dell’associazione raccoglie testimonianze che fanno male: «Vivevo di quelle magnifiche sensazioni di onnipotenza che mi dava la corsa e chiedevo al mio corpo un’efficienza ed una perfezione che non avrebbe potuto reggere a lungo – spiega Micol – nel mio caso non si trattava di scelte estetiche: meno pesavo, più veloce correvo le ripetute e più medaglie mi appendevo al collo».
Un’esasperazione che poi lascia il segno. «Per anni ho vissuto l’atletica in modo distorto, la passione è diventata con il tempo un’ossessione – scrive Giulia – una continua sfida contro me stessa che mi ha portato ad entrare in un circolo vizioso. Sembra assurdo ma essermi rotta un tendine è la cosa migliore che potesse succedermi. Ho capito che non potevo andare avanti in questo modo. Ho capito che i miei 40 kg non mi avrebbero fatto fare una manciata di secondi in meno».
Flaminia, tra i fondatori dell’associazione, aggiunge: «Non ho mai sofferto di disturbi alimentari, ma come atleta forse c’è stato un breve periodo in cui sono stata attenta a cosa mangiavo perché altri mi dicevano che dovevo dimagrire. Dopo ciò che ho visto in 9 anni di atletica leggera ho ritenuto estremamente necessario fare qualcosa. Sono scomparse molte ragazze dalle piste perché colpite dall’anoressia: alcune sono state costrette ad abbandonare perché il loro corpo non poteva più sostenere gli allenamenti. Altre sono morte e la cosa più triste è che nessuno sa il motivo. Si organizzano gare in loro memoria, ma non si sa il perché della loro scomparsa». Servirebbe una campagna di prevenzione che non c’è. «Non è difficile, basta non ‘accusare’ le ragazzine, atlete e non, di essere grasse, basta non suggerire diete inventate».
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